LA GRANDE ITALIA DEI VINI
Professore di greco e latino amante da sempre del vino e della sua storia. Ufficialmente Sommelier dal 1992, docente di corsi per l’Associazione Italiana Sommelier. L’abbiamo visto la prima volta in televisione quando, all’interno del tg5 di Enrico Mentana, raccontava il vino e le sue caratteristiche nella Rubrica dedicata alle prelibatezze della tavola “Gusto”. L’abbiamo ritrovato nel programma televisivo dedicato alla cucina, condotto inizialmente da Antonella Clerici, la Prova del Cuoco in onda su Rai 1 nel quale ci consiglia la giusta associazione tra buon vino a buon cibo. Paolo Lauciani, uomo poliedrico che tra le tante passioni annovera anche sigari e distillati ha accettato di raccontare come nasce il progetto “La Grande Italia dei Vini” e come questo stia sviluppandosi divenendo parte importante nella scelta, da parte del consumatore finale, per l’acquisto delle etichette raccontate e descritte da Paolo stesso.
Paolo la prima curiosità nostra è, quando hai capitodi avere la passione per il mondo del vino?
Questa passione esiste in me da sempre anche se nella vita nasco e continuo ad essere un professore di greco e latino. Il vino, però, fa parte della nostra cultura come la civiltà greca e la civiltà latina e mi piace pensarle come due facce della stessa medaglia poi ti dirò che, parlando della letteratura latina e greca, gli spunti sul vino non mancano.Il vino, il suo mondo e la nascita di un’applicazione gratuita.
Come inizia tutto questo?
Io ho cominciato a parlare di vino in video nel 2002 all’interno del tg5 con la rubrica Gusto. Fu un successo, con Gusto si aveva più spazio televisivo inoltre la collocazione oraria della trasmissione favoriva questo momento dedicato alla convivialità mediante il vino ed il cibo. Il tutto avveniva durante il tg dell’ora di pranzo e grazie a questa serie di circostanze favorevoli toccavamo punte di cinque milioni e mezzo di contatti, è stato un momento di sdoganamento del vino senza precedente.Quello è stato un momento di grande visibilità dato anche dalla coppia televisiva Mentana – Sposini.
Mentre l’applicazione La grande Italia dei vini?
L’idea è nata in itinere, sono stato chiamato da diverse produzioni per intervenire spiegando le caratteristiche ed il mondo del vino e da lì ha preso piede l’idea di realizzare un prodotto accessibile a tutti che desse subito risposta a curiosità, accosta-menti ed etichette del mondo del vino.Si trattava, però, di capire come farla. Trattare soltanto le denominazioni sarebbe stato riduttivo allora abbiamo pensato di fare una selezione dei vini più significativi, più importanti ma non necessariamente più costosi; da quelli più quotidiani a quelli più impegnativi, anche dal punto di vista del prezzo, ma che rappresentassero qualcosa ossia la sinergia che si crea tra uomo e territorio, che si converte, nella realizzazione di una grande etichetta. Siamo ancora “in divenire”, nel senso che abbiamo iniziatole riprese ma ancora lo stiamo sviluppando. L’app ha avuto il suo start con centosessanta vini ma, stiamo ancora registrando per allargare ulteriormente gli orizzonti.
I vini che troviamo in app sono di tutta Italia?
Certo che sì. In Italia abbiamo più di trenta mila cantine e quattrocentocinquanta vitigni, i nostri territori da Aosta a Pantelleria sono davvero diversi. Ovviamente ci deve essere la voglia da parte dei produttori, tutti, di farsi raccontare ma, fatto fermo questo punto, il prodotto vino e il mando al quale appartiene è carico di notizie e spunti per essere raccontato.
Quindi scaricando l’app non abbiamo solo informazioni tecniche? Assolutamente no. All’interno dell’app si considera non solo il prodotto ma, anche la famiglia produttrice ed il territorio di appartenenza. Considera, poi, che io sono molto istintivo e quello che devo dire lo dico anche in diretta quindi a seconda del vino ci può essere un racconto particolare. Anche se all’ apparenza sembra una semplice applicazione dedicata genericamente al vino in realtà, al suo interno, abbiamo un ampio spettro d’informazioni sia dal punto di vista organolettico che varia a seconda del vino, perché ogni vino ha la sua personalità, sia dalla parte degli accostamenti col food.
Nel raccontare il vino fai anche accostamenti col cibo?
Questo sempre. Ciascun vino raccontato in video ha delle indicazioni collegate al food, anche perché nell’ottica della nostra Cultura il buon bere si accompagna sicuramente al buon man-giare. In Italia il vino è diventato una scelta edonistica, noi scegliamo un bicchiere di vino per avere qualcosa di più durante il pasto, possiamo tranquillamente dire che il vino trova la sua massima espressione quando accompagna il piatto giusto
Ogni progetto ha le sue difficoltà, nella Grande Italia dei Vini qual è? Dietro a quel minuto e mezzo che si vede in app c’è tanto lavoro. All’interno della Grande Italia dei Vini abbiamo etichette molto conosciute ma anche grandi vini con etichette poco note di conseguenza, inizialmente, le aziende che hanno bisogno di essere maggiormente spinte dal lato branding si ritrovano a non avere lo stesso riscontro di altri nomi noti. Teniamo presente,però, che questo è un modo nuovo e diverso per le aziende di parlare dei loro prodotti e quindi di farsi maggiormente conoscere. Noi stiamo al passo con questi tempi in cui non si pro-pone più la brochure cartacea solamente ma, si è sempre online con la descrizione visiva del “chi siamo” e “cosa produciamo”. Come dire? Un modo diverso di parlare di vino.
Secondo te, un punto debole del mondo del vino in Italia?
Direi sicuramente la comunicazione. Noi abbiamo una carenza secolare nella comunicazione del vino, al di là della via tecnica attraverso la quale si può realizzare questa comunicazione il nostro gap si svela quando guardiamo il modo di descrivere i propri prodotti da parte, ad esempio, dei francesi. Loro producono vino da tre secoli prima di noi e da sempre comunicano il valore del territorio che trova la sua rappresentazione nel vino. Noi purtroppo comunichiamo un prodotto di sicura qualità ma to-talmente disconnesso dal territorio che lo genera senza aggiungere che le nostre denominazioni non sono rappresentative. Le denominazioni sono nate in Italia come “fotografie” di uno stato di fatto e non sono mai state viste come stimolo per migliorare la qualità del vino. Il risultato è che ci sono molti vini italiani che sono al di fuori delle DOC o delle OCG ma che sono di gran lunga più buoni, conosciuti e apprezzati rispetto ad altri appartenenti ad una denominazione. In Francia questo non accade, tutti i loro vini fanno parte di un sistema di denominazione che è stata costruita con crismi differenti. Noi dobbiamo imparare ad esportare un territorio perché questa è la nostra unicità.
By Mariangela Bonaparte