Caccia al tartufo nei boschi dell’Istria
Il tartufo istriano, sulle tracce dell’antica Roma
E’ un rapporto che ha solide radici, quello dell’Italia con l’Istria. Risale al 177 a.C. quando la regione divenne parte dell’Impero Romano, collegando con la Via Flavia voluta dall’Imperatore Vespasiano, le città di Aquileia, Trieste, Pola, Parenzo, Fiume, ma anche la Dalmazia e la Grecia. I Romani lasceranno in quell’area tracce indelebili, ancora visibili oggi, dopo oltre duemila anni, come il colle Capitolino e il teatro di Trieste; l’impianto urbanistico romano a formare il castrum di Parenzo, con le arterie principali ancora chiamate Decumanus e Cardo Maximus; ma anche l’Arena romana di Pola, che è il sesto anfiteatro del genere più grande al mondo, dove si svolgono concerti e spettacolari rievocazioni storiche; il Parco archeologico multimediale e la Villa romana di Crispo (figlio dell’imperatore Costantino), sulla penisola di Vižula a Medulin; il sito archeologico di Nesazio, dove ebbe luogo una storica battaglia tra Istri e Romani, nella quale prevalsero questi ultimi; le ville, gli edifici e i templi dedicati a Nettuno, Marte e Venere dell’arcipelago di Brioni; l’arco di Fiume, il Foro di Zara e il palazzo di Diocleziano a Spalato. Ai Romani seguirono le invasioni barbariche del VI secolo d.C. che obbligarono gli abitanti a rifugiarsi sulle isole, fino all’arrivo dei Veneziani e della Serenissima nell’800 d.C. quando il Doge assumerà il titolo di Totius Istriae inclitus dominator, spargendo ovunque il leone alato di San Marco.
E mentre si è sulle tracce degli antichi Romani, non si può non imbattersi nella gastronomia istriana e nel tartufo, che ne è indiscusso sovrano. Un tubero di particolare qualità, da sempre ritenuto un cibo elitario destinato alle tavole dei re, che anche i Romani conoscevano bene, tanto che Plinio il vecchio nella sua Naturalis Historia lo aveva soprannominato il “callo della terra” e Apicio, nel suo volume “De Re Coquinaria” gli dedicherà numerose ricette. Anche in Istria il tartufo rappresenta uno dei cibi più esclusivi, in particolare quello che si trova nelle foreste della cittadina di Pinguente che nel 1999 è stata dichiarata Città del Tartufo, tra il Comune di Oprtalj e il Comune di Motovun, dove in settembre si svolge una grande festa dedicata al prezioso tubero. Un folcloristico evento che raggiunge il culmine in piazza delle Fontane, dove da tradizione, in una monumentale padella del peso di circa 1000 kg. dal diametro di 2,5 m. si prepara un’enorme frittata, con oltre 2000 uova e 10 kg di tartufi. Uno dei giacimenti più proficui dal punto di vista qualitativo e quantitativo, una terra umida, grigia, minerale, nei pressi del fiume Mirna, dove nel corso dei millenni si è creato il perfetto habitat che consente il proliferare dell’eccelso tartufo bianco istriano (tuber magnatum), che matura nei primi mesi d’autunno, ma anche del tartufo nero (Tuber Aestivum Vitt, Tuber Brumale, Tuber Melanosporum), che si trova in inverno e in estate. Un tesoro sepolto, da scovare con le abilità del tartufaio e dei cani appositamente addestrati, nel bosco di Montona, a nord-ovest di Pinguente e Lanišće fino al fiume Raša nel’area di Labin e a sud fino a Pisino. Una passione che diventa attività imprenditoriale quella del tartufaio, consolidata in anni di esperienza, conoscenza del territorio e nell’addestramento sapiente dei cani di razza Lagotto, come è stato per Ivan Rašpolić della Karlic Tartufi in località Paladini. Un’azienda fondata nel 1966 da Ivan Rašpolić, insieme alla moglie Danica, in prossimità del lago di Butoniga, un’area ricca di foreste dove prolifera il tartufo bianco. Un’attività di famiglia oggi guidata da Radmila Karlić, che fin dall’età di dieci anni ha imparato da papà Ivan tutti i segreti del vicino bosco di Montana e del tartufo istriano, nozioni ed esperienze che oggi insieme al marito Goran trasmette ai figli. “E’ importante creare il giusto rapporto con il cane, si inizia con un addestramento professionale fin dall’età di tre mesi, nel quale chi segue i cuccioli deve dedicarsi a loro per il maggior tempo possibile, diventando la loro guida nella caccia al tartufo”. Al lavoro duro per trasmettere ai cani la tecnica ‘della caccia’ si alternano momenti di svago e divertimento, facendoli giocare con dei pezzetti di tartufo, che potranno annusare e mangiare per acquisire confidenza con l’odore, oppure sotterrandoli, più o meno in profondità e al momento del ritrovamento il cane verrà premiato con un croccantino. Alla Karlic si imparano tutte le curiosità sull’argomento, vivendo l’esperienza della caccia al tartufo con la muta di 12 cani addestrati fin da cuccioli, per poi assaggiare nella sala di degustazione panoramica, le specialità a base di tartufo, i piatti local, i salumi, i formaggi, le creme, le salse, le confetture, l’olio evo e le grappe prodotte home made con il prezioso tubero. La passione di questa famiglia per il proprio lavoro, si può toccare con mano, visitando il primo museo del tartufo croato, che hanno fatto nascere accanto alla loro azienda, per poter raccontare tutti i segreti del tartufo, con oggetti, attrezzi d’epoca, video multimediali e coinvolgenti percorsi sensoriali.
by Luca Bonacini